"la gatta morta"

La parola di oggi è “gatta morta”.

Gatta mòrta (o gatta mòrta) s. f. – Persona che, sotto un aspetto tranquillo e mansueto, nasconde tutt’altro carattere: è proprio una g.; con quel suo fare di gatta mortae con quelle sue proposizioni scioccheio l’ho per un dirittonee per un impiccione (Manzoni); fare la g., ostentare semplicità oppure indifferenza, far finta di non vedere o sapere, per non destare sospetti e riservandosi di agire a proprio vantaggio in un momento più opportuno.

L’ispirazione di questo modo di dire proviene dalla celebre fiaba dello scrittore greco del VI secolo Esopo che, nella sua favola intitolata “Il gatto e i topi, narra di come un gatto, per catturare i topi sopravvissuti al suo attacco e rimasti nascosti nel loro nascondiglio per scampare al suo agguato mortale, utilizzi l’inganno per farli cadere nella trappola. Il felino si finge morto facendosi dondolare da un piolo ma i topi, più furbi, non si fanno convincere dal suo comportamento e non cadono nella trappola, evitando di avvicinarsi a lui.

Menomale che da un bel po' io sono un “topo più furbo”.
Non so perché ho visto una modella su un giornale di moda. Molto bella, ben vestita e con una faccia pulita, talmente pulita che ho pensato: “ah che gatta morta”, ovviamente nel senso più dispregiativo che mai.
Chi di noi nella sua vita non ha mai incontrato una gatta morta? Io si.
E dico purtroppo, anche se purtroppo è una parola che non bisognerebbe mai dire, e dall'altra parte per fortuna.
La “gatta morta” è una persona falsa e bugiarda, che ti fa credere di esserti amica e quando meno te lo aspetti ti da una bastonata nella schiena sconvolgendoti.
Si insinua a poco a poco nella tua vita con sorrisi, frasi amichevoli, disponibilità e non vai certo ad immaginare che un giorno per caso scopri che invece è stata tutto una montatura e che non lo fatto solo con te ma che proprio è fatta così (e già questo consola un pochino). La “gatta morta” non ha ben definiti alcuni valori come l'amicizia, l'amore, il rispetto, lei va per la sua strada e se infischia delle conseguenze e del male che fa (che ovviamente io auguro a lei).
Beh il senso di impotenza è infinito quando si capisce di avere a che fare con una persona così. Soprattutto ti chiedi se hai sbagliato qualcosa nei suoi confronti (ma non è) e l'istinto sarebbe quello di correre e prenderla per il collo, invece ci si gela e si rimane li piene di dolore e si dice: ora cosa faccio? Allora ci si limita a insultarla e a chiederle perché di questo, perché di quello fino allo sfinimento, fino a farle dire ti prego basta! (altra piccola soddisfazione). Non ci rendiamo conto di quanto una persona può essere subdola e cattiva, e anche invidiosa di te. L'invidia è una brutta bestia!
Dall'altra parte dico per fortuna.
Prima di tutto ho imparato a riconoscere questa “razza” appena tenta di “aggredirmi”. Altro che moine, valle a fare a qualcun'altra.
Secondo ho fatto un ri-esame di me stessa. E questa è stata la cosa più sana.
Infine in generale è un'esperienza che comunque ti fa crescere un po' e scopri di non avere sempre ragione e di non essere esente da certe situazioni.
L'apparenza a volte inganna di brutto.
Cara la mia “gatta morta” vedessi ora della forza che ho. Scapperesti a gambe levate spero sentendosi una merdina!

Diffidiamo dalle imitazioni e con questo buona notte e grazie per l'ascolto.

Tutto questo secondo me. Frensi.





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